Sequestrato Pet-Coke al Porto
Ancora un sequestro di pet coke. I sigilli sono scattati per una montagna di carbone, del peso complessivo di 7.000 tonnellate, al molo polisettoriale di Taranto. Il decreto, firmato dal pm della Procura di Taranto Matteo Di Giorgio, è stato eseguito dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Lecce e dell’Agenzia delle Dogane di Taranto col supporto dei carabinieri del Reparto operativo del Comando provinciale di Taranto e della Polizia Provinciale.
La magistratura ha ravvisato la necessità di procedere al sequestro non ritenendo quei quantitativi di pet coke conformi alle norme ambientali. Gli investigatori hanno rilevato la presenza di zolfo superiore del 6% rispetto al limite consentito dalle disposizioni legislative e di sostanze volatili superiore in una percentuale pari al 14%.
Gli investigatori hanno contestato violazioni del Decreto Ronchi. Comunque, si sono limitati a localizzare i siti finiti nel mirino della magistratura e ad eseguire i provvedimenti di sequestro (eseguiti dai Carabinieri del Noe a Livorno, Caserta e Firenze) infatti al momento, stando a quanto si è appreso, non ci sono indagati.
I sequestri effettuati ieri costituiscono una seconda tranche di quelli scattati mercoledì scorso quando i sigilli sono scattati per una montagna di pet coke di Gela (80.000 tonnellate a cui oggi se ne sono aggiunte altre 10.000), come riferito nell’edizione di giovedì scorso. Un segnale dell’attenzione che la Procura di Taranto continua a riservare al molo carbonifero del porto di Taranto e che, in questo caso, è stata rivolta anche ad altre località in cui è presente il pet coke proveniente dal capoluogo ionico.
Le indagini sulla vicenda sono ancora in corso e potrebbero riservare ulteriori sviluppi anche in tempi brevi. Non è la prima volta che la Procura di Taranto fa scattare i sigilli al molo carbonifero. Infatti, anche a maggio del 2006, fu adottato lo stesso provvedimento con contestazioni analoghe. In quel caso, il pm Antonella Montanaro dispose il sequestro contestando lo sversamento in mare e la diffusione nell’atmosfera di polveri sottili inquinanti provenienti proprio dalle montagne di carbone.
Il pet coke viene definito la “feccia del petrolio” in quanto è il prodotto dell’ultima fase di trasformazione del petrolio. Viene considerato un materiale pericoloso per la presenza di idrocarburi policiclici aromatici, (in particolare il benzopirene) e di metalli pesanti (nichel e vanadio).
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